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- Fecondazione, fondi bluff alle coppie
SARA SCARAFIA GIUSI SPICA
La promessa fatta nel 2012 dall'assessore Massimo Russo era stata di aiutare almeno duemila coppie siciliane. Un terzo di quelle che ogni anno si affidano alla riproduzione medicalmente assistita nella speranza di avere un figlio e che spendono fino a 5 mila euro per ogni tentativo. Quattro anni e due assessori dopo, il sogno si è infranto per almeno mille di loro: la Regione è pronta a erogare 3,8 milioni per le tecniche di fecondazione. Ma la gran parte delle risorse non andrà alle famiglie.
Il 70 per cento dei fondi finanzierà centri pubblici fantasma; il 30 andrà invece ai privati convenzionati che oggi coprono il 90 per cento dei cicli. Cicli per i quali resteranno briciole: solo 1,7 milioni verranno certamente utilizzati per pagare i tentativi delle coppie che dovranno comunque versare una quota, un cofinanziamento, che va da 500 a 1500 euro. I soldi basteranno per aiutare non più di 1000 aspiranti genitori con un reddito inferiore a 50 mila euro. Potrà ottenere il beneficio una coppia su sei. Le altre cinque non potranno nemmeno più contare sulle trasferte al Nord, dove i trattamenti sono assicurati: la Regione le ha bloccate dopo l'indagine shock della Corte dei Conti sui rimborsi.
I SOLDI AL CENTRO CHE NON C'È
La fetta più grossa dei 3,8 milioni finirà a Palermo, al megacentro che riunisce Cervello, Policlinico e Asp. La struttura diretta dal professore Antonio Perino, ordinario di Ginecologia, avrà sede al Cervello, dove Perino è primario, ma non esiste ancora: gli 1,1 milioni verranno utilizzati per mettere in piedi gli ambulatori (uno per struttura) e i laboratori. Mentre l'altro grosso centro pubblico — il Cannizzaro di Catania — ha investito le proprie risorse per partire, alla struttura di Palermo verrà pagato l'avvio: dunque anche assunzioni di tecnici e biologi. Cosa resterà per le coppie? «Nulla», attaccano i responsabili dei centri privati palermitani, dal "padre" della fecondazione assistita Ettore Cittadini ad Adolfo Allegra dell'Andros. «I soldi dovevano essere destinati ai cicli, invece ai centri che li garantiscono è andata solo un'elemosina », attacca Cittadini che dirige il Cbr alla clinica Candela. «Le somme sono un'illusione: se con l'omologa potremo assistere non più di 70 pazienti all'eterologa a prezzi agevolati non potrà accedere nessuno. Non ce ne sarà il tempo», incalza Allegra. I quattro centri privati di Palermo — oltre a Cbr e Andros anche l'Ambra di Roberto Palermo e Genesi — contano di esaurire le somme in un paio di mesi. A sentire Perino, alla mega struttura pubblica, di mesi ne serviranno almeno quattro per prendere il via.
«Se un centro pubblico deve esistere, e credo che su questo siamo tutti d'accordo — dice Perino — all'inizio servono risorse corpose. Le attrezzature e il personale saranno in gran parte quelli dei tre ospedali». Il rischio è che quando il centro sarà pronto per i trattamenti non ci sarà più un euro: «La speranza è che la prestazione diventi a totale carico del sistema sanitario nazionale — dice Perino — Se così non sarà serviranno comunque altre risorse: i 3,8 milioni sarebbero finiti pure se fossero stati destinati ai soli cicli». L'assessore alla Salute Baldo Gucciardi, pd, respinge le accuse dei privati di aver gettato al vento le somme senza pensare alle coppie. «Un centro pubblico serve», dice. «Violata la libertà dei cittadini di scegliere», ribattono i privati. «Faremo del Cervello un centro di eccellenza», risponde Gucciardi.
GLI OSPEDALI FANTASMA
Il Sant'Elia di Caltanissetta riceverà 335 mila euro: peccato che sia ancora interamente da costruire. Così come il Garibaldi di Catania che con i 320 mila euro che gli sono stati garantiti dovrà assumere biologi, un medico e comprare i macchinari. Al Papardo di Messina il paradosso è che le attrezzature — solo quelle — ci sono, ma sono diventate vetuste senza essere mai state accese: i 480 mila euro in arrivo serviranno pure rimetterle a nuovo. Per i cicli ancora una volta poco o nulla. «Una beffa», denuncia Sebastiano L., tre tentativi falliti di inseminazione al Policlinico di Catania pagati di tasca sua. Oggi si è rivolto a un centro privato che di sicuro non potrà inserirlo nella lista dei beneficiari. «Siamo troppi — dice — il piano della Regione è finanziare il pubblico che non esiste ancora e del quale i cittadini non sanno nulla. Sarà valido? ». Il Cannizzaro è l'unico ospedale che utilizzerà i 320 mila euro solo per i cicli, circa 190: ma la lista d'attesa è infinita. «Le attese sono di due anni e mezzo — dice il direttore Paolo Scollo — ma raddoppieremo le prestazioni portandole a 500».
L'INCHIESTA SHOCK
Chi rimarrà fuori dal cofinanziamento non potrà più contare nemmeno sulle trasferte nelle regioni del Nord. Gli interventi di procreazione assistita non sono ancora stati inseriti dal ministero tra i "Lea", le prestazioni minime che le Regioni sono obbligate ad assicurare. E dunque a garantirli ai propri residenti sono solo le Regioni che possono permetterselo. Emilia, Lombardia, Toscana ospitano almeno 2 mila siciliani ogni anno. E poi presentano il conto alla Sicilia. Dopo anni di rimborsi record — oltre 6 milioni l'anno — Palazzo d'Orleans ha deciso di non sborsare più un euro. Una decisione che arriva proprio quando la Corte conti ha acceso i riflettori sul grande business dei pellegrinaggi dietro i quali c'è il sospetto che possa celarsi una truffa. «La Regione — attaccano le famiglie che hanno presentato l'esposto — non potrebbe rimborsare interventi non inseriti nei "Lea" e così le strutture sanitarie celano le tecniche di procreazione assistita dietro codici generici che si riferiscono a interventi su utero o ovaie ». Nino Guglielmino del centro Umr di Catania, ne fa una questione di scelte politiche: «Con i 6 milioni buttati al vento si potrebbero finanziare più di 3500 cicli in un anno inserendoli tra le prestazioni garantire dal sistema sanitario regionale come hanno fatto le regioni che mettono al centro i diritti dei cittadini», dice.
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La fetta più grossa dei contributi andrà alla struttura palermitana ancora sulla carta Il caso limite di Messina Qui le attrezzature sono diventate vecchie senza essere mai state usate